APOTEOSI, 1999 – video (durata: 12’12’’) di Antonio Romano e Gerardo De Pasquale
dalla composizione scenico-visuale “Viola” di Vasilij Kandinskij
Sensibilizzazione alle potenzialità espressive dell’immagine attraverso il confronto e l’interazione con il suono.
video depositato presso il Bauhaus-archiv museum für gestaltung di Berlino, il Museo Cantonale d’Arte Moderna di Lugano e il Lenbachhaus Museum di Monaco.
Video in animazione astratta e musiche originali tratto dal testo della composizione scenica “Viola”1 di Vasilij Kandinskij. Il testo appartiene al brano finale, Apoteosi2, della suddetta composizione scenica, scritta da Kandinskij a Murnau3 tra il 1911 e il 1914. Molto probabilmente la composizione non è stata rappresentata fino ad oggi4.
Il lavoro nasce dalla convinzione che si possa attuare una profonda comprensione e sensibilizzazione verso le proprietà espressive ed evocative dell’immagine, della forma e del colore, se si comprendono le intime relazioni e corrispondenze che intercorrono tra queste e il suono. Guardare dovrà portare a percepire il “suono” dell’immagine. Ascoltare dovrà portare a percepire la “forma” del suono. Sul concetto di romantica e simbolistica memoria dell’“unità” dei linguaggi, che ci pare però ancora un dato certo e assoluto, se non altro perché avvalorato e attualizzato dallo Strutturalismo, si riporta una frase di Kandinskij:
«Tutte le arti provengono da una medesima radice.
Di conseguenza tutte le arti sono identiche.
L’elemento misterioso e prezioso è però che i “frutti”, pur provenendo dallo stesso ceppo, sono diversi.
La differenza si manifesta attraverso i mezzi di ogni singola arte,
ossia attraverso i mezzi dell’espressione. »5
Il lavoro su “Apoteosi” non va visto in chiave filologica ma, negli intenti, come prodotto del nostro tempo, rinnovato e aderente, attraverso sensibilità e interpretazioni personali, alla continuità storica del messaggio kandinskiano.
Ciò che riteniamo accada in “Apoteosi”:
Apparizione… Desiderio.
Tensioni.
Tentativi… Fallimenti.
Infine: Determinazione, e scacco!
Collasso.
Deflagrazione.
Avvicendamenti.
Chiusura…
Tutto è decantato dalle forme del visibile. Caratteri e dinamiche delle forme protagoniste, esaltate dall’analogia tra immagine e suono, sono allo stato primario. Quasi in una condizione organica6, dove sono percepibili psicologie e tipizzazioni proprie della natura umana.
Tale condizione primaria si sviluppa intorno ai propositi del Simbolismo pittorico (Gauguin, Matisse, Rothko) secondo i quali una semplificazione e una purezza dei mezzi, più efficacemente esaltano il significato delle forme e maggiormente stimolano la percezione interiore.
Il lavoro intende sviluppare le potenzialità espressive e simboliche dell’animazione astratta.
Riguardo all’interazione tra immagine e suono “Apoteosi” si può collocare in un ambito estetico-espressivo, più che tecnico-scientifico, e perciò più legato alla linea dell’espressione che non a quella della formatività.
Dal testo A P O T E O S I
di V. Kandinskij
Al centro di un campo azzurro, circondato da un bordo giallo irregolare, appare una stella rossa7.
Da tutti gli angoli fili bianchi si stirano verso la stella. Un ovale verde vivo percorre il campo azzurro in tutti i sensi. Non può però approssimarsi alla stella rossa. Quando si avvicina ad essa viene respinto indietro. Allora, tutto eccitato, ricomincia a percorrere rapidamente il campo azzurro.
I fili bianchi fremono, alcuni fuggono negli angoli.
Poi, riunendo le loro forze, ricominciano a poco a poco ad avvicinarsi al punto rosso. La cosa si ripete più volte. Ogni volta il punto rosso freme e ora si dilata ora si contrae.
Allora dall’angolo in basso a sinistra esce una macchia viola la cui forma ricorda quella di un otto ristretto. Essa segue prudentemente il bordo del campo azzurro, ne risale un lato e la parte alta, descrivendo un ovale.
Man mano che l’ovale diminuisce, il movimento si accelera sempre più. Come trasportato dall’entusiasmo, l’“otto” corre attorno al punto rosso sempre più rapidamente, avvicinandosi sempre più.
Per tutto questo tempo l’ovale verde vivo rimane in attesa nell’angolo a sinistra in alto.
L“otto” sfiora infine il punto rosso. Si sente uno scricchiolio. Un’esplosione scuote il campo azzurro.
L’azzurro è scomparso. Il campo è diventato rosso e continua a tremare violentemente.
L’ovale verde è scomparso. I fili bianchi anche.
[…]8
Il centro del campo rosso diviene confuso. Vi si forma lentamente un triangolo nero, il cui vertice alto si inclina lentamente a destra.
Il ritmo è sempre più rapido. L’intero quadro gira come una ruota da destra a sinistra.
[…]9
Il movimento rotatorio si accelera.
Buio e silenzio.
[…]10
Stella rossa. Oggetto del desiderio da parte dell’Ovale verde. Si è preferita la stella rispetto al “puntolino”, perché le sue punte sono come seducenti sporgenze protese ad eccitare gli altri oggetti. Si potrebbe parlare allora di un puntolino con sporgenze (senso astratto), più che di stella.
Fili bianchi. Introducono alla tensione lirica e al desiderio nei confronti della Stella. In quanto linee che si stirano e che si staccano da essa sono elementi più astratti tra gli astratti.
Ovale verde. Elemento vitale e giovanile, espresso dal verde vivo (verde tendente al giallo), perciò inesperto e scoordinato nei movimenti, incontrollato, che nutre aspirazioni verso la Stella, ma viene da essa puntualmente respinto.
Otto viola. Soggetto misterioso e ambiguo, lucido e spietato. Il suo movimento è estremamente deciso, controllato e geometricamente infallibile. Appena entra nel Campo Azzurro già sa che colpirà la Stella, prevaricando l’Ovale. È affusolato perché insidioso.
Triangolo nero. È il simbolo dei meccanismi naturali che regolano il succedersi degli eventi, il destino degli elementi, e dunque anche quanto accaduto in “Apoteosi”.
– Antonio Romano
L’accostamento formale che ha permeato il lavoro si rendeva tanto coerente quanto più gli aspetti emotivi venivano evidenziati dal proseguire dell’opera. Tenendo guida a questo atteggiamento si è così pervenuti ad una costante sinestetica che fosse quanto possibile sensibile e percettiva.
Il carattere timbrico era il primo, di molteplici elementi, da “rendere” veritiero all’originale testo. Così la protagonista “stella rossa”, come appunto specifica il mio coautore, era da evidenziare in un carattere mancante di forma ben definita; il timbro è stato completamente “reinventato” (anche non sottraendosi alle possibili diverse interpretazioni del testo). È la voce più sintetica dell’opera, non utilizzando nessun timbro acustico, ma dei derivati di questo; voci corali sovrapposti ad un timbro percussivo e sordo d’ispirazione elettronica, mentre ritmo e melos fossero impegnati compositivamente a rafforzarne il colore.
La stella è in scena quando il proprio permeato spazio è venutosi a creare da un meditativo silenzio. Questo, circoscritto dal terzo colore fondamentale presente, manifesta (se non in alcuni estremi bagliori) armonie e timbriche atmosferiche che sorreggono tutta la scena.
L’ovale è verde proprio nel timbro! Sensibile, fresco, giovane, la sua vitalità è espressa in tutto il suo comparire, come anche l’inesperienza, l’incertezza, l’ingenuità. Il ritmo sottolinea tutto ciò, è femminile, acefalo e spesso scoordinato. Puro ed inesperto è destinato a perdere!
L’otto viola è l’antitesi cefalo, maschio, con un proporsi pachidermico sicuro di sé ambiguo e cattivo, è sottolineato da una timbrica di fagotto viola per antonomasia. È così, monotono e vorticosamente ripetitivo, assillante, estenuante. L’accelerarsi ritmico non gli toglie peso, anzi più è veloce più è pesante, insopportabile.
Tutto è estremamente polifonico, ogni lieve mutarsi della scena è nell’evento sonoro, gli azzurri modulano perennemente la scena, la protagonista stella nel suo fremere stimolato da i due contendenti è sottolineata da sconcertanti vibrazioni; i bianchi fili tesissimi archi, seguono anch’essi gli eventi diventandone co-protagonisti; l’ovale verde è presente anche quando esangue volge alla sua fine. Così come in un gestuale pittorico, la forma musicale assurge all’astratto svincolando esagitate estetiche, ma rigorosa alla percezione osmotica: timbro-ritmo-forma-colore, scenica.
L’esplosione finale paradossalmente trova anche a contraddirsi sui concetti appena espressi, il rosso “aforme” diviene qui classico, espresso da un organo a canne e possenti accordi. Il triangolo, in forma geometrica esatta esprime anche coincidenze semiotiche della grammatica musicale con una triade perfetta che gli conferma una inquadratura sonora geometrica. Solo il nero estremizza di nuovo la forma scenica all’astratto, metallico, cupo ed inquietante sempre più a dissolvere la scena non preoccupandosi di nulla ma volgendo proprio al nulla, quello meditativo e misterioso che riporta ad uno stato primordiale della percezione.
– Gerardo De Pasquale
– testo da “INTERSEZIONI”, Colore e Materie dell’anima
Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza. Esecuzione pubblica 15 giugno 2003
Anche un atteggiamento semantico, unito ad un possibile contatto globale dei complessi aspetti blaue-reiteriani e a un lunghissimo ed estenuante labor limae, per forze interne di sincera umiltà, non è venuto meno nell’accostarsi ad un testo così profetico e nella sua essenzialità così estremo. Noi vi abbiamo trovato tutto, come in un’apoteosi, appunto, di sinestèsi: forma, metrica, melos, sentimento e soprattutto quell’immancabile coerenza creativa. Una coerenza delle esigenze che, certamente, in forma sintetica (qui il termine assume il doppio significato di dimensione e di composto di sintesi) ha portato Kandinsky a concepire una perfetta osmosi delle percezioni attraverso il primo linguaggio, la parola.
Dall’epistolario fra Kandinsky e Schönberg, nostro preziosissimo patrimonio, comprendiamo non solo le scelte comuni, legate da un somigliante sentimento estetico, ma anche i risultati di una sorta di teorizzazioni che hanno avuto, quindi, dei riscontrabili, non gratuiti e ben oltre il soggettivo gusto, elementi comuni della percezione estetica di noi tutti. Ecco il grande risultato di quell’esperienza, passata a noi, seguenti generazioni, con non poca disattenzione a quelle fatiche e convinzioni che proprio oggi hanno, mi ripeto, a dir poco un senso profetico.
Multimediale e virtuale, fenomeni di costume contemporanei vissuti, purtroppo, nell’arido di una acrisia e mancanza di vera percezione, perché salta sempre l’elemento indispensabile dell’esserci, della presenza, quello spirituale. Ma quali elementi abbracciare per essere lì presenti? Sicuramente quelli sembranti paradossalmente invisibili, e sentirli con identità perpetua del divenire, una ricerca interna che tralasci aspetti fine a sé stessi, come provocazione o desiderio per l’eccesso, se non prima di maturare messaggi interni che passando sempre per la strada maestra della sensibilità non potranno tradirci mai, spingendoci in ben altre esigenze di ricezione. Ed è questa esperienza un cammino, uno possibile fra tanti infiniti; la migliore colonna sonora e quella che probabilmente non si ascolterà mai, se non dentro sé stessi. Sentire, fortemente sentire per far risentire.
In qualsivoglia prospettiva utopica possa, anche arbitrariamente, rivelarsi l’idea, essa incarna già nell’annunciarsi un potenziale fattibile. Si esprimono così, in quest’ordine illimitato, tutte le potenzialità derivanti dall’esperienza, sia essa letteraria, scientifica, creativa e (perché no?) ludica. E come in un “Gioco delle perle di vetro”, le nostre possibilità d’incontro, scontro e riscontro divengono infinite come l’incommensurabile essenza dell’arte. La rivelazione al vero attraversi queste vie di umiltà, in quella fonte inesauribile passata, presente e futura della storia, in un interscambio continuo come nell’amore.
– Gerardo De Pasquale
– testo da “OFFICINE SPIRITUALI”, prima esecuzione assoluta
Auditorium “Santa Maria della Pace”. Piacenza 13 novembre 1999
APOTEOSI – 1999, realizzazione di:
Antonio Romano – Progetto, Teoria della forma, immagini, movimento.
Gerardo De Pasquale – Composizione sonora originale. Teoria, grammatica ed estetica musicale.
Paolo Chiesa – Editing video.
Studio grafico “Visual Graphic” di Gian Luigi Martelli (Piacenza).
Hanno assistito alla realizzazione e acquisizione degli aspetti teorici gli allievi del Liceo Artistico Statale «Bruno Cassinari» di Piacenza: Simone Trabucchi, Elisa Opizzi, Valentina Castaldi, Erika Gobbi, Michela Losi, Ilaria Trioli, Chiara Guarnieri, Veronica Colombi.
Argomenti trattati durante il Corso propedeutico alla realizzazione del video, tenuto dagli autori presso il Liceo Artistico Statale «Bruno Cassinari» di Piacenza (1999) con il gruppo di studenti:
- Teoria della forma, teoria estetico-musicale, grammatica musicale, fondamenti di armonia, interazione immagine-suono.
- Pittura e musica nell’Espressionismo, relazioni tra astrazione pittorica e Dodecafonia, tra Kandinskij e Schönberg.
- Il timbro del colore e del suono, consonanza e dissonanza.
- Relazioni con la musica nella pittura del Post-impressionismo e delle Avanguardie.
- Analisi del testo di “Apoteosi”.
- Individuazione dei caratteri dei soggetti protagonisti: corrispondente rappresentazione visiva astratta – corrispondente scelta dei timbri sonori e melodie.
- Espressione e ritmo del movimento.
Produzione: Liceo Artistico Statale «Bruno Cassinari» di Piacenza. Preside: Prof. Bernardo Carli.
Gli autori: Antonio Romano | Gerardo De Pasquale
NOTE
Violetter Vorhang, Violett, Sipario viola, ovvero Viola, manoscritto redatto in russo. Testo completo in: Kandinsky, Tutti gli scritti, vol. 2, a cura di Philippe Sers, Milano 1974. Anche in: Vasilij Kandinskij, Scritti intorno alla musica, a cura di Nilo Pucci, Scandicci 1990, pagg. 95-121. E in: Helena Hahl-Koch, Kandinsky, Milano 1993, pagg. 261-262. “Viola” si compone di sette Quadri, più i due di “Apoteosi”, e due Intermezzi.
Il testo di “Apoteosi” è posto immediatamente dopo la “fine” del testo della composizione scenica “Viola” e pare quindi indipendente da questa. Nel Quadro II di “Apoteosi” si ritrova però il personaggio del mendicante, già protagonista di “Viola”. Lo stesso Nilo Pucci parlando della “minuscola luce rossa (che) cresce fino ad occupare tutta la scena” di “Apoteosi” si riferisce all’opera teatrale “Viola” (Scritti intorno alla musica, op. cit., pag. 82). In Kandinsky, op. cit., pag. 411, la Hahl-Koch afferma: « “Apoteosi” con scritte di pugno di Kandinsky è stampata quale pezzo a sé stante: tra le carte di Nina, in effetti non si trovava, secondo l’ordine subito dopo Violett, anche se non lontana da essa. Dal punto di vista contenutistico e stando alla grafia appartiene senz’altro alla parte conclusiva di questa pièce teatrale ».
La località di Murnau, nelle Alpi bavaresi, fu luogo d’elezione degli apostoli del “Cavaliere Azzurro”. Oltre a Kandinsky, vi soggiornarono Franz Marc e August Macke. Vi sono molti dipinti con soggetto la località di Murnau realizzati da Kandinsky negli anni della stesura di “Viola”. Diverse lettere scritte a Murnau da Kandinsky a Schönberg (gennaio 1911 – giugno 1914) testimoniano dello scambio che intercorse tra i due in merito alla necessità di un’interazione tra la musica e la pittura con riferimenti e apprezzamenti reciproci a “Il suono giallo” di Kandinsky e a “Die Glückliche Hand” (1909-’13) di Schönberg. A Murnau ebbero anche modo di incontrarsi. Per le lettere: A. Schönberg, W. Kandinsky, Musica e Pittura, Torino 1983.
(L’“oggi” si riferisce al 2003, anno della stesura del presente testo.) Molti progetti per la messa in scena delle opere teatrali di Kandinsky non andarono in porto. Il suono giallo (1909), musicato da Thomas von Hartmann (1885-1956), venne rappresentato per la prima volta a New York nel 1972 in occasione di una mostra su Kandinsky al Solomon R. Guggenheim Museum. Una messinscena si ebbe anche nel 1975 presso l’Abbaye de la Sainte-Baume (Provenza) ad opera di Polieri (musica di A. Schnittke), ripetuta nel 1976 al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi. Nel 1982 (sempre in occasione di una mostra di Kandinsky al Guggenheim Museum di New York) il Marymount Manhattan Theatre presentò Il suono giallo nella messinscena di Ian Strasfogel e con l’utilizzo di frammenti delle musiche originali composte da Thomas von Hartmann, arrangiate da Gunther Schuller. Questo allestimento è stato presentato anche in Europa. Per una maggiore documentazione sulle opere teatrali del pittore russo si veda il capitolo ad esse dedicato da Jessica Boissel nel catalogo della mostra Vasilij Kandinskij, Verona 1993, pagg. 193-205. L’unica rappresentazione teatrale di Kandinsky alla Bauhaus fu quella dei Quadri di un’esposizione di Mussorgski nel ’28 (M. Droste, Bauhaus Archiv, Bauhaus 1913-1933, Berlino 1991, pag. 104); la rappresentazione è stata poi riproposta dall’Hochschule der Künste di Berlino nel 1983 (Wassily Kandinsky, Quadri di un’esposizione Musica di Modesto Moussorgsky, Macerata 1984). Dal testo di Viola sembra che sia stata composta una versione per piano e solo ad opera di Philip Herschkowitz, allievo di Anton Webern, eseguita presso l’Arnold Schönberg Center di Vienna da Rolf Boysen (solo) e Till Alexander Körber (piano) e al Lenbachhaus di Monaco nel febbraio del 2000. Le altre composizioni teatrali scritte da Kandinsky furono: Suono verde, Nero e bianco, 1909; Di là dal muro, 1919.
Tutti gli scritti, op. cit., vol. I, pag. 195.
Questo aspetto sembra precorrere il periodo pittorico che a partire dal soggiorno di Kandinsky in Francia dopo il ’34, è contraddistinto da un interesse per le forme organiche, per i microrganismi e da una volontà di indagare le forme naturali e le leggi che le regolano.
“Stella rossa” secondo la traduzione di Nilo Pucci. In H. Hahl-Koch, Kandinsky (op. cit., pag. 261) è tradotta “puntolino rosso”.
A questo punto subentrano delle voci maschili. Nostra omissione dal testo originale delle parti “figurali” affinché si rimanesse in linea con gli obiettivi pedagogici del Progetto, soffermandosi esclusivamente sulle connotazioni “astratte” dell’immagine e della più intima relazione con il suono.
Parte omessa (« schiocchi di frusta », quindi di un oggetto figurale).
Parte omessa (Quadri I, voce infantile e Quadro II, personaggio del mendicante e monologo).