Gerardo De Pasquale, luce, movimento, litofoni, live electronics
Milano, 26 giugno 2014, studio Amalia Del Ponte.
Installazione live electronics per litofoni (10 sculture sonore), due computer, due smartphone e proiezione interattiva. L’installazione interagisce con le sculture sonore (litofoni) di Amalia del Ponte esposte nel suo studio di Milano. Ad ognuna delle sculture sono collegati microfoni a contatto interfacciati, tramite mixer audio, ad una delle due postazioni computer con Ableton Live. Un’altra applicazione per smartphone sfruttando il fascio di luce led generato interagisce ai gesti della conduzione musicale con altri campioni sonori sempre gestiti in Ableton Live. Il secondo smartphone, interfacciato al mixer audio, interagisce ad azioni percussive dell’esecutore con campioni sonori concreti. Il secondo computer, collegato ad un microfono ambientale e ad un proiettore, traccia su schermo, in tempo reale, lo spettro sonoro tridimensionale in movimento dell’intera performance.
Amalia Del Ponte lavora da molti anni nello studio di Via Santa Croce, spazio un tempo abitato dai frati Domenicani di Sant’Eustorgio, e sconosciuto ai più. Lo scorso 21 maggio ha voluto mostrare la scultura How do you feel? (1971) prima che venisse trasportata al Museo del Novecento. Durante la serata sia chi la conosce da anni sia i giovani, che non avevano mai visto il suo lavoro, sono rimasti colpiti dalle numerose altre opere presenti nello studio. Per questo si è deciso di aprirlo di nuovo, per mostrare un’altra fase della sua ricerca. Dalla metà degli anni Ottanta Amalia Del Ponte sperimenta le possibilità di un passaggio dalle onde luminose alle onde sonore, realizzando i litofoni, sculture sonore in pietra nelle quali la forma è in stretto rapporto con il suono che essi producono se percossi. Il giorno 26 giugno dalle ore 18.30 sarà possibile vedere, ascoltare e suonare i litofoni in serpentino d’Italia che compongono l’opera Scale maggiori (1992), esposti per la prima volta nel 1994 alla Casa del Mantegna a Mantova, e quelli in pietra di Trani intitolati L’aria della freccia (1994), esposti alla Fondazione Mudima nel 1995.
Nel corso della serata il musicista e compositore Gerardo De Pasquale parlerà del lavoro di Amalia Del Ponte e di come sia stato stimolo di un nuovo e inedito progetto. Seguirà l’esecuzione di una breve partitura di questa nuova composizione in corso di realizzazione. Gerardo De Pasquale è un musicista e compositore che lavora sulla qualità sinestetica e visiva del suono attraverso un linguaggio compositivo concreto/spettrale.
– Comunicato stampa, evento del 26 giugno 2014
UDIRE LA LUCE
È una destinazione primaria alla percezione vedere-udire l’accostarsi all’opera di Amalia. Persino il silenzio non ne è muto ma colmo di nuovi suoni che ci dischiudono verso stati probabili e mai finiti. Status che ci riconducono ad un’arte demiurgica, ad un ordine cosmico composto, appunto, d’infinite probabilità. Senza neanche scientemente applicarci su aspetti della fisica, si ampliano le nostre facoltà di percezione fenomeniche: è un grande dono. Tutto è così nuovo ed evolutivo della filogenesi.
Questa relazione tra luce e udire contiene un’abbondanza geometrica di combinazioni possibili, come avrebbe detto il celebre compositore-architetto Iannis Xenakis, durante lo sviluppo delle sue installazioni di suono-luce Polytopes, o Concret PH composte in occasione della realizzazione del Padiglione Philips in collaborazione con Le Corbusier. Come Xenakis, Amalia unifica ed estingue contemporaneamente i confini delle diverse discipline e luce, colore, scienza, spazio e tempo, divengono un inesauribile insieme.
Anne Marie Sauzeau Boetti già agli inizi degli anni novanta del secolo scorso richiamava ad un’attenzione sulla silenziosa materia scultorea fatta di luce che “(…) ha un potenziale sonoro e tutta l’opera di Amalia in realtà ci richiama al silenzio sì, alla contemplazione, ma con l’indicazione che se fossimo più attenti… avvertiremmo che tutta questa materia si muove ed emette un suono. Un artista può cogliere per noi una possibile comunione con un rumore, con un movimento cosmico, non percepibili fintanto che qualcuno non riesce a tirarli fuori.”1 È una raffinatissima esegesi che ben sintetizza quanto queste opere, assimilate all’ambito sinestetico (che Amalia supera), oltre che ‘utili’ alla musica concreta, sono per loro inscindibile proprietà perfetti strumenti scultorei di musica spettrale, corrente – tra le più recenti – che ha come suo fondamento strutturale lo spettro armonico, il colore timbrico, ed ogni proprietà acustica del suono.
Non a caso, con estrema umiltà, già anni prima, in un suo scritto Amalia dichiarava: “(…) sto scolpendo un insieme di strumenti in pietra. La forma (luce) e timbro (qualità) saranno le due componenti inscindibili, poiché il suono lo cerco scolpendo e modificando ciascuna pietra dell’insieme. Vorrei ottenere quella fusione di udito e vista che gli antichi cinesi definivano “luce degli orecchi””.2 Volontà affine a Xenakis, appunto, quando dichiarò: “Il raggio laser e il flash elettronico sono gli equivalenti di suoni meravigliosi. Farli luccicare nello spazio è come creare musica per l’occhio, musica visiva (…)”.
Saranno proprio gli spettri sembranti non udibili il viatico a queste nuove sonorità. Come potremmo mai sottrarci a questa immanente presenza, ben più udibile della sonificazione delle curve di luce3 delle stelle? Si è immersi in questi estatici silenzi simili al rito che precede l’ascolto, come in quelle pause che precedono un inciso sotteso, o a quelle masse ritmiche sospese da nuova pausa e che attendono il loro inevitabile incedere. Silenzi a noi così empatici, così traboccanti di sonorità promesse. Il silenzio si protrae identicamente alla forma d’onda che siamo ‘abituati’ a sentire, è una eco inesplorata ove si rivela uno spettro armonico totale quanto il bianco che contiene ogni colore. Una cristallizzazione di trasparenze timbriche, appunto, di ‘udibile’ bellezza.
Anche l’ambiente umanistico di Amalia è empatico al musicista, come ne La forma del suono4 dove scritti, appunti e disegni sugli armonici, intervalli di quinte, scale maggiori sono sempre osmotici al colore, alla rifrazione, alla luce, allo spettro; termini questi ultimi omnicomprensivi al visivo ed alla musica. Nel suo più recente titolo bibliografico Risonanze orbitali5 sembra sfiorare persino una concezione di biologia del suono. Un interesse, da sempre, estremamente eterogeneo. Oltre che letterario, filmico, discografico; è un parallelismo della verità dell’arte che non eredita ma che incarna contemporaneità, se non addirittura anticipazione di altre correnti propriamente della musica. Impressionante la necessità di analisi delle forme d’onda e degli spettrogrammi al compimento dei suoi litofoni condotte scientificamente, in collaborazione con l’ing. Sergio Cingolani, nel medesimo tempo in cui Gérard Grisey, padre dello spettralismo, è impegnato in una delle sue più significative composizioni: Le Noir de l’Etoile per 6 percussionisti, nastro magnetico e trasmissione in situ di segnali astronomici, captati dalla Station de Radioastronomie de Nançay in Francia. È lo stesso compositore che stratifica, potremmo dire, simmetrie con le opere di Amalia parlando dell’ ”(…) impossibilità di comporre un tempo dilatato senza ampliare a sua volta il campo armonico (l’accordo diventa spettro) e la profondità di questo campo (la sua altezza non più colorata dallo strumento, è lo strumento immaginario, lo spettro strumento, che rende l’altezza necessaria e fissa a sua volta sia il colore e il ruolo nella scala delle dinamiche)”.6
Nel litofono in pietra di Trani de L’aria della freccia ho ritrovato similmente quella “freccia suonante che è anche da identificarsi col primo raggio di sole” di una mia composizione Sguardo Sospeso – Rifrazioni, Transizione (basata sullo spettrogramma di un campione audio della NASA proveniente dal Solar Dynamics Observatory , un telescopio spaziale lanciato l’11 febbraio 2010 per studiare il Sole) che descrive, appunto, con una dilatazione ed un rallentamento quasi impercettibile quel processo di percezione-ascolto degli otto minuti che impiega un raggio di sole a raggiungere la Terra. E ci unisce quel primo raggio identico a quell’autogenerarsi di tempi estesi, di grandi masse sonore che muovono la luce. I rombi sembrano frazionare il tempo simili a distinti blocchi di frequenze in Trasformata di Fourier.
Amalia “tende a cogliere l’intelligenza della materia”7 come ha scritto Achille Bonito Oliva. L’emissione sonora è come da un organismo – l’opera – che al solo sfiorare, frapporsi con un gesto, un movimento, si compone nuove armonie. Sosteneva Rilke in Appunti sulla melodia delle cose: “Siamo appena al principio. Come prima di ogni cosa. Con mille e un sogno dietro di noi e senza azione”.8 È necessaria un’azione. Ora dobbiamo.
– Gerardo De Pasquale
NOTE
SAUZEAU BOETTI, A. M., Intervento di presentazione della mostra, Mantova, Casa del Mantegna, 1994.
DEL PONTE, A., Lithovocis, Milano, libretto CD audio, 1996.
Fonte: NASA’s Kepler mission, http://kepler.nasa.gov/multimedia/Audio/sonification/
DEL PONTE, A., La forma del suono, Roma, Semar, 1993.
DEL PONTE, A., Risonanze orbitali, Milano, et al. Edizioni, 1981.
VERRENGIA, A., Musica spettrale ed anatomia del tempo – Intervista con Gerard Grisey –, Piano Time n° 105, 1992.
OLIVA A. B., L’arte è maschile o femminile?, “Corriere della sera”, Milano, 8 giugno 1978.
RILKE, R. M., Appunti sulla melodia delle cose, Firenze, Passigli, 1978.
BIBLIOGRAFIA